In Avenida da Liberdade c'era una signora con una borsa lussuosa, un capello distinto, una gonna elegante e le calze cucite e strappate in tanti punti. Probabilmente, una delle presenze più vere che abbia mai trovato.
La verità di quella signora comprendeva tanto il trucco irreprensibile quanto quegli insoliti buchi sopra le gambe. È lei, l'Avenida da Liberdade. La Pans&Company delle signore in pelliccia. L'ho vista in quel strano momento in cui non sapevo in che lingua stavo pensando, al ritorno delle lezioni di italiano, scendendo la Salitre fino ad arrivare lì. Faccio un po' di fatica a capire esattamente cosa sia Lisbona, ma questo è il suo viale centrale, la più inquinata, trafficata e viaggiata delle vie alfacinhas, col tenero nome di libertà.
Qualche metro prima della signora, ho trovato dei ragazzi che raccoglievano fondi per aiutare i cani abbandonati. Ancora sopra, un labirinto di scatole di cartone - la casa davanti alla porta di un negozio vuoto, il luogo (di giorno disabitato) di un senzatetto. Più in giù ci sono tanti teatri, ristoranti e alberghi ricchi, al di là si arriva pure al servizio centrale dei cittadini. Negli intervalli tra semafori e fili di verde, metallo e pietra, ci sono diversi negozi, soprattutto di quelli in cui non si vedono i prezzi.
L'Avenida da Liberdade è il realismo nella performance di Lisbona. Il lusso vuoto ma centrale, con la povertà alla porta, il fumo dell'immenso passaggio, il pezzo-giardino ben arrangiato, le calze rotte. Quella signora, con la schiena più dritta rispetto a me, era fatta dal più vero che c'è. Le gambe erano gonfie e pesanti. Saliva una scala mobile davanti a me, non l'ho fotografata.